Custode del paesaggio interiore
Il nostro stato è una risultante tra le condizioni mentali, emozionali e fisiche. Questi tre mondi ben distinti si amalgamano e li percepiamo come tutt’uno, a meno che non ci prendiamo il tempo di ascoltarli con attenzione.
Infatti, chiudendo gli occhi e meditando possiamo riconoscerne le differenti voci.
Il fisico ci parla tramite sensazioni – caldo, freddo, duro, ruvido, morbido, sudore, secchezza, dolore e così via.
Le nostre emozioni non sono sempre presenti: queste costituiscono delle reazioni momentanee a determinati tipi di eventi. Le emozioni sono paura, rabbia, gioia, tristezza e qualcuno ci mette anche disgusto. Più facile riconoscere invece certi sentimenti: ansia, felicità, rancore, insoddisfazione, amore e così via.
Non intendo addentrarmi troppo nell’ambito dei contenuti del nostro centro emozionale, ma ci tengo a dire una cosa: il nostro centro emozionale appartiene alla nostra essenza, così come tutti i nostri altri centri, tuttavia i suoi contenuti non sempre appartengono all’essenza. Voglio dire che ognuno dei tre centri che sto descrivendo ci è stato dato in dotazione dalla natura e fa parte di ciò che possiamo chiamare l’essere umano. Tuttavia i contenuti di questi centri non sempre appartengono alla nostra essenza, è anzi più frequente notare come siano costituiti da qualcosa che deriva da fuori.
Immagino i centri – ripeto quali sono: fisico, emozionale e mentale – come delle scatole in cui vengono a depositarsi dei contenuti. Non si tratta di scatole vuote ed insignificanti ma di modelli molto variegati tra loro.
Per finire questo breve excursus, cito anche il centro mentale. Questo ci parla tramite immagini e parole. Riguardo a questo centro esistono numerosi equivoci. Il primo tra tutti è che diciamo “io” a qualsiasi cosa si formi in esso. Penso ad una cosa e ho l’impressione – illusione – di averla pensata io. Ma ricordate? Abbiamo appena detto che i contenuti non è detto che siano i nostri. Il centro intellettivo o mentale funziona nel 99% della nostra giornata come uno schermo sul quale vengono proiettate tutte le nostre dinamiche interiori ed il nostro specchiarci dall’esterno.
Se su questo schermo compaiono immagini di cibi succulenti, è il centro fisico a servirsi di quello mentale per manifestare i suoi bisogni. Se non riesco a togliermi quella persona dalla testa, è il centro emozionale che prende il centro intellettivo in prestito per le sue necessità e così via.
Il risultato è che crediamo di pensare, mentre in realtà i pensieri si formano da sé.
Detto questo (mi rendo conto che questi concetti possono già essere sorprendenti di per sé, dal momento che non siamo abituati a ragionare in questi termini), secondo antiche tradizioni, e faccio specificamente riferimento a quella da cui deriva l’Enneagramma, possiamo diventare custodi del nostro paesaggio interiore.
In altri termini si può lavorare per evitare a determinati contenuti di manifestarsi alla nostra mente. Osservare quali contenuti si manifestano nella nostra mente è parte del lavoro svolto dalla consapevolezza.
Ciò che veramente importa è comprendere a partire da dove si formano determinati tipi di immagini nella nostra mente.
Si formano forse dal nostro centro emozionale sofferente e lamentoso? Dal nostro fisico pigro e svogliato? Dalle nostre paure più meschine? O si generano forse da luoghi più elevati?
Prima di poter diventare custode del paesaggio interiore è necessario osservare a lungo queste dinamiche, imparare a riconoscere distintamente il gusto dei diversi contenuti che vanno a popolare la nostra mente. Solo allora, dopo ripetute osservazioni, potrò riconoscere la provenienza di queste immagini e comprenderne il motivo di esistere.
Posso controllare solo ciò a cui riesco a dare un nome.
Invece la maggior parte delle volte ciò che si muove in noi è confuso e poco chiaro, innominabile, un miscuglio di risultanti di diversi eventi che si trascinano.
No, invece posso imparare a nominare ogni singola cosa: «questa è ansia» oppure «questa è immaginazione», «questo è orgoglio» «questa è svogliatezza» e così via.
Dopodiché, quando una qualsiasi di queste entità si presenterà alla porta ed io sarò presente – un altro io che si è sviluppato attraverso la ripetuta osservazione di queste dinamiche – potrò trovare il modo di fare accedere chi riconosco essere legittimo abitante del mio paesaggio interiore.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!